Approfondimenti sulle carriere nelle banche centrali con Dr. Gómez-Pineda

Banche centrali

Approfondimenti sulle carriere nelle banche centrali con Dr. Gómez-Pineda

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Il Dr. Javier G. Gómez-Pineda, il nostro ospite per il manuale INOMICS del 2023, ha gentilmente accettato di tornare per una seconda intervista. Questa volta il team INOMICS ha preparato delle domande relative alla sua carriera nella Banca Centrale. Nelle sue risposte il Dr. Gómez-Pineda condivide con i lettori consigli utili e analisi approfondite sulle carriere nelle banche centrali e sul mondo dell’economia in generale.

Nelle sue risposte fornisce suggerimenti sulle competenze che tutti gli aspiranti economisti dovrebbero possedere, analisi sulle differenze tra gli economisti politici e di ricerca, argomenti di studio sui quali si devono concentrare coloro che intendono lavorare nelle banche centrali e molto altro. Tutti gli studenti di economia, e in generale tutti gli economisti, non possono che trarre grande vantaggio dall'ascoltare quello che ha da dire il Dr. Gómez-Pineda.

Javier G. Gómez Pineda è un economista senior (Investigador Principal) presso il Banco de la República (la banca centrale della Colombia). Insegna anche economia monetaria presso l’università “Universidad del Rosario” a Bogotá. Le sue aree di ricerca includono l'economia monetaria e internazionale. È autore del libro di testo: Dinero, banca y mercados emergentes, los países emergentes en la economía global, 2010, Ed. Alfaomega e ha conseguito un dottorato in economia presso l’università di Chicago.

Sei un economista che già lavora in questo campo? In questo caso, esattamente come il Dr. Gómez-Pineda, hai l’opportunità di aiutare INOMICS nella sua ricerca sul mercato del lavoro per gli economisti. Devi semplicemente, in modo anonimo, dedicare 3-5 minuti del tuo tempo a rispondere al Sondaggio sui salari per aiutarci a capire qual è la situazione del mercato del lavoro per gli economisti nel 2023.

Senza perdere altro tempo, procediamo con l’intervista.

Sean McClung: Come sei diventato un economista? È sempre stato il tuo obiettivo?

Javier G. Gómez-Pineda: Individuare una carriera non è semplice. All’inizio non ero sicuro di cosa scegliere ed ero indeciso tra due alternative, ma alla fine ho optato per gli studi economici. Quello che ha determinato la mia scelta finale è stata la convinzione che quando scegli una carriera, più che il potenziale stipendio, quello che conta davvero è sapere di poter passare la maggior parte della tua vita facendo qualcosa che contribuisce alla società e aiuta gli altri. In seguito capisci che per essere in grado di aiutare davvero gli altri devi imparare a renderti utile e avere un’ottima conoscenza della tua disciplina, delle tecniche da applicare e del tuo lavoro in generale.

Al termine del mio corso di laurea sono diventato un assistente di ricerca del professor Lauchlin Currie. Lui è stata la persona che mi ha incoraggiato maggiormente. “Se vuoi diventare un buon economista, devi studiare all’estero”. All’epoca non esistevano corsi di dottorato in Colombia, ma erano attive delle borse di studio per laureati, all’estero, a patto che gli studi sarebbero stati svolti nelle università più prestigiose. Queste borse di studio delle banche centrali erano intitolate al professor Lauchlin Currie.

Per me, uno degli ostacoli più grandi, era la lingua inglese. Leggere non era troppo difficile, dato che avevo studiato inglese nel corso dei miei studi, ma l'ascolto e la scrittura lo erano. Per cui, prima di fare domanda, ho deciso di perfezionare il mio inglese. Ho studiato l’inglese americano presso una scuola e ho appreso la grammatica. Allo stesso tempo, ho studiato anche l’inglese britannico presso un altro istituto, concentrandomi sulla conversazione. Ho anche viaggiato negli Stati Uniti per un breve periodo, sempre per lo studio della lingua e per ampliare il mio vocabolario.

Alla fine sono riuscito a superare l’esame di lingua inglese e sono stato ammesso a un corso post-laurea. All’inizio del mio primo anno di studi faticavo realmente a comprendere ciò che veniva detto. Tuttavia, già a metà del primo anno il problema non era più la lingua, quanto la matematica. Ho superato la “paura della matematica” ponendo maggiore enfasi sull’intuizione degli elementi economici. Nel corso degli studi sono riuscito a imparare l’inglese, a superare la paura della matematica e a studiare con successo all’estero. Volevo comunque diventare un economista ancora migliore e scrivere maggiormente in inglese.

SM: Quale parte del tuo percorso di studi ritieni sia stata più rilevante per il lavoro che svolgi attualmente?

JGP: Penso che una parte fondamentale sia stata la mia tesi empirica di laurea. Grazie ad essa ho approfondito lo studio delle regressioni. Da quel momento in poi ho svolto più un lavoro empirico che teorico.

Un’altra parte della formazione che ho trovato estremamente utile è stata quella relativa ai macro problemi. In un paio di casi ho dovuto imparare ad eseguire macro-modelli sul computer e acquisire familiarità con alcuni pacchetti software. Ovviamente la parte più importante è stata quella dei corsi di studi, specialmente i corsi di macroeconomia, economia internazionale ed econometria.

Tuttavia, la formazione non termina con la laurea. Le teorie si evolvono e vengono continuamente sviluppate nuove tecniche e introdotti nuovi software. Come economisti che operano nel campo della ricerca, il, nostro lavoro è quello di contribuire a questi sviluppi; pertanto dobbiamo continuare nella nostra formazione, leggendo le opere degli autori più rilevanti nel nostro campo e partecipando a seminari e conferenze. Il nostro obiettivo, in quanto economisti politici, è quello di integrare questi sviluppi nelle nostre analisi, in modo che il nostro lavoro sia basato sui metodi e sulle tecniche corrette.

SM: In che modo il tuo lavoro quotidiano nella banca centrale è diverso da quanto ti aspettavi (se lo è)?

JGP: Mi aspettavo di dover eseguire molte regressioni, come avevo fatto per la mia tesi, e questo si è rilevato vero. Tuttavia, non avevo idea che il mio lavoro avrebbe avuto a che fare con modelli DSGE, filtri Kalman e stime Bayesiane, che avevo appreso all’università; sono davvero una parte fondamentale di quello che faccio. 

SM: Qual è la parte più gratificante del tuo lavoro?

JGP: Il contributo di un economista è, talvolta, meno tangibile di quanto accade in altre professioni. A differenza di un economista, ad esempio, un dottore può avere un impatto reale e concreto sulla vita di una persona e la professione medica può  aiutare a risolvere problemi di salute per tante persone in un Paese o persino in tutto il mondo. Io ritengo che il lavoro di un macroeconomista possa avere un impatto più piccolo sul Paese, mentre la professione economica in generale debba avere un impatto notevole sul benessere economico delle persone che vivono in un Paese.

Per quanto mi riguarda, la parte più gratificante del mio lavoro è stata vedere che il nostro modello inflazionistico è stato utilizzato dalla Banca Centrale come input per prendere decisioni sui tassi di interesse e vedere che il nostro rapporto sulla politica monetaria viene usato come modello di riferimento per comprendere le politiche monetarie e macroprudenziali in Colombia. Ho la convinzione che questo lavoro abbia davvero un impatto significativo nel Paese.

È stato anche molto bello condividere queste mie conoscenze ed esperienze con gli studenti all’università.

SM: Come banchiere della Banca Centrale, ti occupi di fare ricerca? Qual è la parte più interessante della ricerca? È diversa da quella svolta nel mondo accademico?

JGP: Le banche centrali, tipicamente, impiegano due tipi di economisti: gli economisti politici e i ricercatori. Gli economisti di ricerca scrivono articoli che vengono poi pubblicati nelle pubblicazioni accademiche e in quelle prodotte direttamente dalle banche centrali. Gli economisti politici lavorano sulle previsioni periodiche del tasso di inflazione, compilando il Rapporto sull’Inflazione (Inflation Report o IR in inglese) e sulle valutazioni della stabilità finanziaria, redigendo il Rapporto sulla Stabilità Finanziaria (Financial Stability Report o FSR in inglese). L’IR serve per supportare le decisioni in merito ai tassi di interesse e il FSR come strumento di ausilio per le politiche macroprudenziali. Io lavoro per l’80% del mio tempo come economista di ricerca e per il restante 20% come economista politico. Dato che in entrambi i ruoli mi occupo di economia monetaria, il mio lavoro nelle due vesti tende a sovrapporsi.

In Colombia, nella Banca Centrale, esiste un comitato di economisti di ricerca che prepara una relazione trimestrale sulla politica monetaria che viene poi inviata alla commissione, della stessa Banca Centrale, che si occupa di determinare il tasso di interesse. Io sono membro di questo comitato di ricerca, che è composto da tre persone, ed occupa circa il 20% del tempo totale che dedico al mio lavoro.

Il tempo speso per le ricerche varia da economista a economista. Ad esempio, in Colombia la Banca Centrale ha economisti il cui unico compito è quello di effettuare ricerche. Atri invece, non si occupano affatto di ricerca, mentre altri ancora lavorano come ricercatori per circa il 20% del proprio tempo. Le ricerche vengono pubblicate come note tecniche nell’IR e nel FSR, come articoli in pubblicazioni e talvolta in riviste scientifiche.

Le ricerche accademiche coprono una vasta gamma di argomenti, mentre le ricerche delle banche centrali tendono a specializzarsi su argomenti monetari e legati alla stabilità finanziaria. Le ricerche accademiche tendono a produrre risultati sofisticati a livello algebrico e analitico; tuttavia, talvolta, la dimensione quantitativa delle ricerche accademiche non è così avanzata e complessa come quella prodotta dagli economisti delle banche centrali. Le ricerche accademiche enfatizzano spesso il segno e il significato dei coefficienti stimati, mentre le banche centrali si concentrano sull’importanza delle prestazioni, a livello quantitativo, dei modelli, su qual è l’impatto sull’inflazione, nel corso del tempo, delle decisioni relative ai tassi di interesse, in punti percentuali, e sulla quantificazione dell’incertezza coinvolta.

Anche se ci sono molte differenze tra le ricerche accademiche e delle banche centrali, esistono anche molte similitudini. Entrambe condividono il paradigma della Nuova Sintesi Neoclassica (vedi Goodfriend e King (1997) e Woodford (2009)) Inoltre, alcuni economisti accademici ricoprono ruoli decisionali presso le banche centrali, mentre alcuni economisti che lavorano nella banche centrali talvolta insegnano nelle università.

SM: Secondo la tua esperienza, qual è la competenza più importante per gli economisti che vogliono iniziare a lavorare nella Banca Centrale?

JGP: Secondo me la cosa più importante è dimostrare un forte interesse e una vocazione in economia monetaria e macroeconomia. Una tesi in economia monetaria o economia internazionale indica chiaramente un interesse in questi ambiti. Oltre alla tesi, è importante la pubblicazione di articoli o note su questi argomenti.

Altre competenze sono utili, ma non sono strettamente necessarie, e possono essere acquisite mentre si lavora. Esse includono la familiarità con i pacchetti software R, Python e Matlab e una buona conoscenza della lingua inglese.

SM: Quali altri consigli o suggerimenti puoi dare ai giovani economisti che vogliono occuparsi di politica monetaria o che sono interessati a lavorare nelle banche centrali?

JGP: Il mio consiglio è quello di leggere la letteratura sull’argomento e le riviste e le pubblicazioni. Inoltre occorre ricordare che si raccoglie sempre ciò che si semina. Per questo è importante leggere tutto quello che viene pubblicato e imparare a usare i software che permettono di costruire stime e modelli; sono competenze davvero utili.

Infine, per le persone la cui lingua madre non è l’inglese, è fondamentale imparare come scrivere articoli. Ci sono tantissimi libri e articoli disponibili su questi argomenti. Un buon punto di partenza è McClosky (2000) e anche Banco Central de Chile (2017). È una buona idea leggere queste pubblicazioni e imparare come scrivere articoli. Se possibile, è anche utile farsi aiutare da un editore inglese, magari direttamente presso il proprio istituto se presente.

SM: Cos’altro vorresti condividere riguardo il tuo ruolo e la tua carriera?

JGP: Le banche centrali si trovano a dover affrontare tutte problemi comuni. Per questo è importante che le ricerche siano rilevanti non solo per la propria banca centrale, ma per tutta la comunità delle banche centrali in generale, adottando un approccio globale. Infine, occorre ricordare che le ricerche di gruppo sono migliori delle ricerche individuali. Per cui è essenziale imparare a lavorare in gruppo e scrivere articoli in collaborazione con altri autori.

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