Adam Smith

Profili di economisti

Adam Smith

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Gli studenti spesso studiano solo velocemente, e in modo poco approfondito, le storie e le vite dei principali economisti, anche se la maggior parte di quanto insegnato nei corsi di economia è frutto delle loro menti brillanti.

Adam Smith è, senz’altro, uno degli economisti più famosi. Viene quasi sempre menzionato nei minuti introduttivi di ogni corso di economia e viene spesso discusso il suo libro più famoso, An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni).

Adam Smith non si sarebbe definito un’economista, né i suoi contemporanei lo avrebbero fatto. Smith è stato un filosofo, un professore di logica e un sociologo. Oggi viene spesso riconosciuto come l’iniziatore degli studi economici. Alcuni lo chiamano anche il “padre del capitalismo”, anche se Smith stesso non ha mai utilizzato queste parole.

Per cui, chi è Adam Smith e perché è diventato così famoso nel mondo dell’economia?

La vita di Adam Smith

Smith nacque in Scozia, nel 1723 e visse fino al 1790. Fu un filosofo e un economista, anche se questo campo praticamente non esisteva fino alla pubblicazione del suo libro The Wealth of Nations. Nel 1737 Adam Smith si iscrisse all’università di Glasgow, dove si diplomò nel 1740, all’età di 17 anni. Continuò poi a studiare presso l’Università di Oxford, fino al 1746.

Nel 1751 Smith fu nominato professore di logica all’Università di Glasgow, per diventare l’anno seguente Responsabile di filosofia morale nella stessa istituzione. Fu un membro a pieno titolo della società universitaria, tenendo lezioni ogni giorno e venendo nominato come preside della facoltà nel 1758.

Adam Smith pubblicò il suo primo libro, The Theory of Moral Sentiments (La teoria dei sentimenti morali), nel 1759. In questo libro espone teorie sulla natura umana, che sono state le fondamenta dei suoi successivi approfondimenti sul comportamento economico. Il libro si occupa principalmente del lato morale degli esseri umani e di come le passioni egoistiche interagiscono con il lato razionale. Vale la pena evidenziare come anche in questo primo libro Smith menziona una “mano invisibile” che spinge le persone ricche a migliorare la società in modo da fornire benefici a quante più persone possibile, anche se il termine stesso acquista poi maggiore popolarità dopo la pubblicazione degli altri suoi libri.
 


Image credit: Pixabay.

A Smith venne poi offerto un lavoro remunerativo come insegnante privato per un figlio di un duca, per cui lasciò la carica di professore nel 1763 per recarsi in Francia. In Francia ebbe l’opportunità di incontrare altri famosi scienziati, come Voltaire, una delle figure chiavi dell’illuminismo francese. Ancora oggi, gli studiosi sono impegnati in accese discussioni su quanto l’illuminismo francese abbia influenzato i suoi studi.

Dopo il periodo francese, Adam Smith tornò a Londra e fu introdotto nella Royal Society nel 1767. Dieci anni, nel 1776, dopo pubblicò finalmente il suo libro che lo ha reso così famoso nel mondo dell’economia, ovvero An Inquiry into the Nature and Causes of the Wealth of Nations (Un’indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni).

Adam Smith non fu mai estraneo al successo. La sua fama e reputazione furono grandi già durante la sua vita e secondo l’enciclopedia britannica “Smith fu uno studioso molto famoso” e le sue opere vennero riconosciute e apprezzate come importanti dai suoi contemporanei, anche nei “circoli governativi britannici”. Questo fu principalmente dovuto al libro The Wealth of Nations, che diede vita alle teorie classiche dell’economia, sostenibili e ragionevolmente migliori delle idee mercantiliste prevalenti del tempo.

Come “La ricchezza delle nazioni” ha fatto progredire il pensiero economico.

Il libro “La ricchezza delle nazioni” è suddiviso in cinque sezioni principali. La prima descrive gli interessi personali e la suddivisione del mercato del lavoro. La seconda il ruolo delle Borse e del capitale in una “società commerciale”. La terza sezione descrive la formazione dell’allora società moderna e dei mercati commerciali nel corso della storia, esaminando l’origine del commercio dall’era della caccia e raccolta, fino allo sviluppo dell’agricoltura, al feudalesimo e infine all’avvento dell’economia di mercato. Poi il libro tratta di come la crescita economica, una forza guidata dalla natura umana, deriva dall’interazione di parti diverse dell'economia. L’ultima sezione esamina il ruolo del governo, in particolare affrontando quali sono i limiti dell’intervento governativo per influenzare in modo positivo i mercati. Smith sostiene che la crescita economia avviene fino a quando il governo non soffoca i mercati.

Ovviamente, nel suo libro più famoso, è anche contenuta la sua ipotesi più famosa: ovvero che le azioni egoiste dei singoli individui, quando combinate, creano un’attività economica che beneficia la società nel suo complesso. Espandendo quanto aveva asserito nel suo lavoro precedente The Theory of Moral Sentiments (La teoria dei sentimenti morali), Smith postula che le azioni che vengono intraprese dal singolo nel proprio interesse nascono da uno stato sia emotivo che razionale. Nel libro The Wealth of Nations, Smith scrive:

“Ci aspettiamo la nostra cena, non a causa della benevolenza del macellaio, del fornaio o del birraio, ma a causa del loro legittimo egoismo”.

Seguendo questa linea di pensiero, Smith sostiene che i mercati sono in grado di correggersi da soli, guidati da una mano invisibile. In questa visione la “mano invisibile” rappresenta le forze di mercato invisibili che spingono gli individui egoisti a comportarsi in un modo che, in ultima analisi, è nel migliore interesse della società. Una componente fondamentale di queste forze di mercato è la concorrenza, che Smith descrive in modo estremamente approfondito nel suo libro The Wealth of Nations. Contrapponendo il desiderio di una persona di migliorare sé stessa e la propria situazione rispetto alle altre, la competizione produce risultati economicamente positivi. Questa idea, dopo aver influenzato enormemente le teorie economiche dell’epoca, continua a influenzare il pensiero economico ancora oggi. Gli economisti classici ritengono che qualsiasi intervento venga effettuato sui mercati è destinato solo a peggiorare la situazione, dato che i mercati sono in grado di autocorreggersi.

Smith, fervente sostenitore di una libera concorrenza di mercato, ha sempre mantenuto una posizione critica nei confronti dei monopoli e delle politiche di governo, allora popolari, che li sostenevano. In effetti, anziché agire come ci si potrebbe aspettare da un studioso sostanzialmente pro-capitalista e non interventista, Adam Smith parla molto della moralità e di come sia importante supportare tutti i membri della “società commerciale”. Smith ritiene, in ultima analisi, che la crescita naturale del mercato competitivo e non regolato deve essere utilizzata per migliorare le condizioni di tutti. In The Wealth of Nations scrive:

“Quello che migliora le circostanze di una parte non può mai diventare un problema per l’interezza della società. Nessuna società può prosperare ed essere felice se la sua maggior parte è povera e vive in condizioni di disagio”.

L’eredità di Smith nell’economia

Le idee di Adam Smith furono apprezzate e sostenute quando era in vita. Finirono per affermarsi come le basi dell’economia classica e diedero realmente il via al fondamento dell’economia come un campo serio e separato di studi. Ovviamente altri filosofi e politici teorici avevano contribuito in precedenza alla discussione che aveva poi portato alle nascita delle idee come quelle che Smith delinea in The Wealth of Nation, tuttavia il suo famoso libro viene spesso considerato l’inizio dell’economia come una branca di studi distinta e separata.

Gli economisti classici iniziarono a influenzare notevolmente la politica economica, spostando la società da pratiche mercantilistiche (aumento dell’esportazioni, accumulo di oro e argento) verso politiche economiche più lassiste al fine di promuovere la competizione di mercato. Questo include il ridurre l’enfasi nell’avere uno squilibrio commerciale in favore del proprio Paese e promuovere invece il libero commercio (l’importanza del libero commercio fu ulteriormente enfatizzata dalle teorie economiche di David Ricardo, posteriori all’opera di Smith).


Image credit: wirestock on Freepik.de.

Le teorie mercantilistiche prevalenti dell’epoca sostenevano che acquisire un numero più elevato di beni e mantenerli all’interno di un Paese avrebbe portato a crescita e ricchezza per il Paese stesso. Per questo i mercantilisti sostenevano la necessità di imporre restrizioni sui commerci.

Smith contrasta questa idea con la teoria che è il prodotto del lavoro (in altre parole la produttività) che determina la ricchezza di una nazione, indipendentemente dal suo bilancio commerciale. Il lavoro che produce beni determina, a sua volta, produzione economica; incrementarla fa aumentare la ricchezza di una nazione permettendole di acquistare un numero maggiore di beni a livello nazionale o internazionale. Con questo approccio, determinare se le esportazioni sono superiori alle importazioni è del tutto insignificante: una novità assoluta per i mercantilisti.

In effetti Smith sostiene che il libero commercio aumenta la ricchezza di una nazione aprendo a nuove opportunità di lavoro. Più vasto è il mercato, più esistono opportunità per il lavoro produttivo di alimentare i mercati e di produrre crescita economica. David Ricardo espanse poi questa linea di pensiero con la sua teoria del vantaggio comparativo.

Le idee di Adam Smith e la scuola classica dell’economia divennero ben presto le linee guida dei governi in materia di economia. Non furono mai realmente messe in discussione fino alla Grande Depressione del 1920, che vide un periodo, durato vari anni, di elevata disoccupazione e bassa produzione economica in molte parti del mondo, una situazione che le teorie classiche dell’economia non erano in grado di spiegare. Questo apri ampie opportunità per John Maynard Keynes di espandere la propria teoria economica, dando vita al periodo d’oro del keynesianismo.

Ciò non vuol dire che l’opera di Adam Smith è diventata ormai obsoleta. Gli economisti classici hanno continuato a sviluppare le idee di Smith, rispondendo alle varie critiche e dando luogo, alla fine, alla nascita della scuola di pensiero neoclassica. Indipendentemente dalle proprie tendenze e scuole di pensiero, tutti gli economisti di oggi sono in debito con Adam Smith e la pubblicazione del suo libro più famoso viene realmente considerata come il momento fondante dell’economia.

Riferimenti
https://www.britannica.com/biography/Adam-Smith/Legacy
https://iep.utm.edu/smith/#H3
https://www.econlib.org/library/Enc/bios/Smith.html
Immagine fornita da: Pixabay.

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