Libri di economia
Recensione libri: “Booms and Depressions” (Boom e depressioni)
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Il libro del 1932 book "Booms and Depressions" (Boom e depressioni) di Irving Fisher, insieme al suo lavoro del 1933 in Econometrica intitolato "The Debt-Deflation theory of Great Depression" (La teoria della deflazione da debito come causa della Grande Depressione) segna l’inizio di una nuova era nella macroeconomia e nella letteratura finanziaria. Questo articolo esamina questo libro alla luce dello scenario economico e finanziario corrente.
L’autore
Irving Fisher è uno degli economisti matematici più stimati al mondo ed è persino considerato da alcuni come “il più importante economista emerso negli Stati Uniti” (Schumpeter, 1997), nonostante alcune delle sue convinzioni siano ritenute inaccettabili al giorno d’oggi (Fisher era un noto sostenitore dell’eugenetica e sostenne persino idee razziste). Ciononostante, i suoi libri e i suoi articoli economici sono sempre stati lodati per la loro chiarezza e facilità di comprensione. Conosciuto in economia per la sua passione e determinazione, a Fisher viene dato credito di aver promosso una serie di importanti riforme del sistema monetario, tra cui il progetto del dollaro compensato, la regola della stabilità dei prezzi, l’idea della separazione tra emissione della moneta e prestito della moneta, e l’introduzione dell’assistenza sanitaria finanziata dal governo, tra le altre.
L’ispirazione di Fisher nello scrivere il libro: le sue perdite in Borsa
Nel 1920 Fisher calcolò un indice borsistico che veniva regolarmente pubblicato nei giornali più famosi. Il 15 ottobre 1929 il New York Times citò una dichiarazione di Fisher a un incontro tenuto dalla Purchasing Agent Association. Il Times riteneva che l’approccio di Fisher si avvicinava a un “ottimismo irrazionale”.
Appena pochi giorni dopo, il 24 ottobre, un giorno passato poi alla storia come il giovedì nero, si verificò il crollo delle Borse (Bordo & Rockoff, 2011), che dimostrò come il Times aveva avuto ragione e Fisher torto. La Grande Depressione era iniziata.
La previsione sbagliata di Fisher divenne leggendaria. Anziché abbatterlo, quanto accaduto spinse Fisher a rivedere le sue idee e a scrivere il libro “Booms and Depressions” (Boom e depressioni). Divenne la Bibbia per le ricerche sui cicli di fluttuazioni del business, sui cicli debitori e sulle crisi economiche.
Panoramica del libro
Nel libro Booms and Depressions” (Boom e depressioni), Fisher elenca nove fattori principali come causa della depressione e accelerazione dei suoi effetti negativi, citando come fattore principale l’eccesso di indebitamento. Gli altri fattori includono la massa della valuta circolante, il livello dei prezzi, il patrimonio netto, i profitti, la produzione, il commercio, il tasso di occupazione e persino l’ottimismo o il pessimismo.
L’eccesso di indebitamento si verifica quando i debiti in essere (a livello individuale, aziendale o nazionale) assumono dimensioni significative rispetto agli altri fattori economici, come i beni, il reddito, le riserve d’oro e la liquidità. Nel suo libro Fisher afferma che tutti gli altri fattori giocano un ruolo complementare rispetto ai due fattori dominanti: "prima inizia l’eccesso di indebitamento e subito dopo segue la deflazione". Anche se altri fattori possono entrare in gioco in episodi specifici, il loro ruolo è spesso secondario all’eccesso di indebitamento e alla deflazione, e agiscono come effetti o sintomi della vulnerabilità del debito. Il debito amplifica anche gli effetti deleteri del sovrainvestimento, dell’eccesso di sicurezza e dell’eccessiva speculazione.
Fisher afferma anche che il mercato monetario e del debito sono strettamente legati. Il volume della valuta non viene misurata solo nei depositi, ma anche come valuta del credito, creata “dalla penna e dall’inchiostro dei banchieri”. Questa moneta ha origine e termina nelle scritture bancarie, che durante normali circostanze rimangono bilanciate, ma il cui equilibrio viene compromesso nelle fasi di recessione, quando le persone e le imprese faticano a ripagare i propri debiti. A causa di questa tendenza, il detto "il debito di una persona è il bene di un’altra", come sostenuto da Krugman nel 2011, non sempre risulta valido.
Inoltre Fisher fornisce un’analisi generale della relazione tra livello reale di debito e livello dei prezzi, cruciale per valutare le prestazioni di un’economia. In termini semplici, se il livello dei prezzi raddoppia, il valore reale del debito si dimezza e se il livello dei prezzi si dimezza, il valore reale del debito raddoppia. L’inflazione e la deflazione hanno quindi effetti contrastanti sul debito reale e impatti diversi sull’economia.
Si può sostenere che la deflazione fa aumentare il valore della moneta, tuttavia incrementa anche il livello dei debito. Questo rende difficile ripagare i debiti e fa diminuire, allo stesso tempo, le spese e gli investimenti. Un’indicazione simile viene data da Minsky nel 1992, che sostiene che gli “effetti dello stress” influenzano l’economia riducendo i prezzi dei beni. Durante una fase di recessione, in assenza di opportunità di rifinanziamento e con flussi di cassa operativi ridotti, le imprese vengono costrette a vendere beni (spesso a prezzi largamente scontati) per saldare i loro obblighi. Le vendite in fase di stress e le perdite di valore dei beni creano un circolo vizioso, che intensifica lo shock iniziale della deflazione.
Fisher stabilisce anche una catena di conseguenze relativa all’interazione di questi nove fattori. Inizia con uno shock al sistema, che influenza negativamente i tassi di interesse o la capacità produttiva o di acquisire reddito. L’effetto di queste forze di shock può indurre le società alla liquidazione del debito e a vendere in condizioni di stress, cosa che produce contrazioni di valuta mentre i debiti delle banche vengono ripagati. Questo, a sua volta, rallenta la velocità di circolazione.
Ne consegue una caduta del livello di prezzi con una riduzione del patrimonio netto delle imprese. Questo fenomeno accelera i fallimenti aziendali e produce riduzione dei profitti, della produzione, del commercio e del tasso di occupazione. Tutti questi fattori combinati producono un senso di pessimismo e perdita di fiducia, che spingono gli individui e le imprese a congelare il loro denaro. Questo comporta un’ulteriore riduzione nella velocità di circolazione.
Le forze di mercato cercano di riequilibrare la domanda di moneta rispetto all’offerta modificando i tassi di interesse. Nella maggior parte dei casi si assiste a una diminuzione dei tassi nominali e monetari e a un aumento dei tassi di interesse reali e delle merci (Fisher, 1993).
L’accoglienza del libro tra gli economisti
Le osservazioni di Fisher nel libro sono state sostenute da molti economisti famosi nel corso degli anni, tra cui Ben Bernanke, John Kenneth Galbraith, Charles Kindleberger, Milton Friedman, Hyman Minsky, Paul Samuelson e Christina Romer, tutti autori che hanno citato il libro di Fisher nei loro scritti o nei loro discorsi.
La qualità più bella del libro non risiede solo nella spiegazione lucida di quanto accaduto durante la Grande Depressione, ma anche nella sua capacità di fornire una struttura di analisi per eventuali crisi future. La saggezza e l’importanza di questo libro diventano evidenti ogni volta che emerge una nuova crisi economica e finanziaria. Dalla sua pubblicazione, questo libro è stato citato in tantissimi articoli, rapporti e altri libri che trattano di gestione degli investimenti e crisi finanziarie.
Grazie a questo libro possiamo confrontare la recente crisi finanziaria con quanto accaduto nella Grande Depressione, per mostrare che molti dei fattori identificati da Fisher si stanno ora muovendo nella stessa direzione come appena prima e dopo la Grande Depressione.
Il primo fattore significativo è il debito. Un rapporto dell’Istituto della finanza internazionale indica che il livello totale di debito ha raggiunto un massimo assoluto nel 2023, con circa l’80% del debito proveniente da mercati maturi come quello degli USA e della Francia. Questi dati sono stati confermati dalla Banca Mondiale, che ha indicato che il mondo si trova nella “quarta ondata” di aumento del debito, con l’avvertenza che essa potrebbe produrre una crisi. Anche se si dibatte ancora sul ruolo della deflazione (era diventata comune nei mesi iniziali del 2020 solo per essere poi presto scalzata da pressioni inflazionarie), questo sembra davvero uno di quei periodi in cui una deflazione potrebbe avere conseguenze devastanti, spingendo il mondo intero in un’altra crisi di debito.
Tra gli altri fattori, il tasso di interesse sembra essere la variabile più importante per una ripresa futura. Un aumento del tasso di interesse modifica le dinamiche dei livelli dei prezzi. Gli economisti ancora dibattono sul fatto che gli stimoli e le politiche monetarie estremamente accomodanti che sono stati utilizzando per sconfiggere la crisi prodotta dal virus COVID avranno come conseguenza un trend inflazionistico o deflazionistico. La presenza dell’inflazione e di bassi tassi di interesse ha stabilizzato il mercato finanziario, ma il trend potrebbe invertirsi presto se le banche centrali aumenteranno i tassi di interesse.
Anche altri fattori, come la massa di denaro circolante, i profitti aziendali e la velocità di circolazione si stanno muovendo nella stessa direzione prevista da Fisher, anche se con meno intensità, a causa di un livello di intervento senza precedenti delle banche centrali e dei governi, che ha evitato la liquidazione del debito e le vendite sotto stress. La domanda fondamentale è: “per quanto ancora potrebbe durare questa situazione?”. Nonostante l’apparente ripresa, analizzando i periodi di recessione passati, si avverte un senso che questa prosperità potrebbe essere di breve durata. La catena degli eventi di Fisher potrebbe essere stata posticipata ma non del tutto interrotta.
Dettagli del libro
“Booms and Depressions” (Boom e depressioni): Some First Principles
Editore: Adelphi Company, New York
ISBN 1453697640, 9781453697641
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Riferimenti
Fisher, I. (1933). Debt-Deflation Theory of Great Depressions. Econometrica, 337–357. https://doi.org/10.2307/1907327
Krugman, P. (2011). Debt Is (Mostly) Money We Owe to Ourselves. The New York Times. https://krugman.blogs.nytimes.com/2011/12/28/debt-is-mostly-money-we-owe-to-ourselves/
Minsky, H. P. (1992). The Financial Instability Hypothesis. The Financial Instability Hypothesis, 74, 1–10. https://doi.org/10.1117/12.774256
Schumpeter, J. A. (1997). Ten Great Economists. Ten Great Economists. https://doi.org/10.4324/9780203202371
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